Timewarp

U-Bahnhof Paradestrasse 19032013

Take a direction

Take a direction

Ho mangiato un hamburger in mezzo a una strada.

Anzi, se devo essere precisa, ho mangiato un cheeseburger in mezzo a due strade.

L’aver consacrato un post alla suddetta pietanza mi ha portato a dedicargli più dei cinque minuti di pensieri mattutini e a trascinarmi addosso la voglia di divorarlo per l’intera giornata.

Così una delle scorse sere sono finita in mezzo a due strade per mangiarne uno.

Dato il mio senso dell’orientamento pari a quello di un carciofo, non saprei dire con precisione dov’è dislocato il Burgermeister. So solo che si trova in quel pullulare di vita che è Kreuzberg.

Lì, sotto il cavalcavia della metropolitana, si trova questo minitempietto dell’hamburger. Economico, buono e costituito da pannelli di plexiglas trasparenti, così da potersi beare del panorama mentre ci si rimpinza di carnazza e pane.

Ho mangiato un cheeseburger in mezzo a due strade, dove taxi, macchine e biciclette sfrecciavano da entrambe le parti.

Mentre io fermavo il mio tempo per concedermi il tanto desiderato panino, la vita di fianco scorreva caotica come sempre nelle corsie preposte.

Mentre io masticavo avidamente grassi e proteine, esseri umani all’interno di scatole metalliche o in sella a circonferenze rotanti lasciavano la loro scia.

Mi sono immaginata come un punto all’interno di un fascio di rette (egregio professore di matematica legga sta frase e ripensi al maledettissimo cinque che mi ha rifilato ogni fottutissimo quadrimestre).

Mi sono immaginata come il sasso nel fiume che scorre.

Mi sono immaginata mentre schiacciavo il bottone dell’orologio ferma-tempo presente in innumerevoli cartoni, con la differenza che bloccavo solo il mio.

La capacità tanto anelata da ogni essere vivente di rubare tempo al tempo.

L’illusione di riuscire ad ottenerla per pochi minuti.

Credetemi la sensazione non è stata niente male.

Una scena mentale alla Matrix dove tutto sfreccia attorno a te ma al rallenty.

Un timewarp mentale.

Il miglior cheeseburger degli ultimi anni.

Der Zweiter Zeit

U-Bahnhof Mehringdam 08032013

Lost Childhood

Lost Childhood

Il miglior cameriere che io abbia mai conosciuto è stato licenziato.

La zoccola se n’è andata.

Lui si definisce così.

È la persona più falsa che io abbia mai conosciuto.

È la persona più ammaliatrice che io abbia mai conosciuto.

Avrebbe potuto vendere a Dio un attico all’ inferno.

Mi ha raccontato che tempo fa il titolare di un ristorante dove lavorava era andato in ferie e lui, in una sera, gli stava vendendo il locale.

Non mi ricordo bene come sia andata ma fortunatamente lo chef tornò in tempo, nonostante tavoli e tovaglie del suo ristorante da quella sera non appartenessero più a lui.

È l’unica persona con della cultura che io abbia trovato nel mondo della gastronomia, sia in Italia che all’estero.

L’unica persona che sa coniugare condizionali e congiuntivi perfettamente, senza scatenare in me quel rivoltamento di stomaco/nervoso/”ma porca di quella troia alle fottutissime elementari non vi hanno insegnato proprio un cazzo?”

È l’unica persona che non pensa che la Divina Commedia vada in onda su Fox Life e sì, grazie ai numerosi ascolti, sia stata rinnovata per una seconda stagione.

È l’unica persona che con le sue parole mi ha fatto pensare una sera intera.

Mi ha colpita perché, credetemi, quando esco dal ristornate elimino qualsiasi informazione che lo riguardi, passo in modalità “sono ancora una ragazza di 26 anni senza problemi”. Devo farlo perché se solo penso al posto dove lavoro al di fuori di esso vado in overclock.

Cestino, resetto e riavvio. Sempre.

Tranne quel giorno in cui lui, il mio gay preferito, mi ha detto “il vero lusso non sono i soldi. Il vero lusso è avere tempo per sé stessi.”

Subito nella mia mente si sono create due immagini non molto fantasiose:

  1. La mia figura riflessa in uno specchio che va in mille frantumi.
  2. La mia caduta in un burrone completamente nero.

Tempo per se stessi?

Da quando non ne ho?

Da quando vivo qua nella capitale?

Da quando ho un vero lavoro?

Da quando so fare le lavatrici?

Ma perché chiederlo? Le mie mani devastate lo urlano da un po’, le mie unghie a raso dita pure (e pensare che una volta molti le chiamavano artigli… una volta), la mia pelle screpolata, i miei capelli con le quintuple punte e la montagna di libri ancora da leggere lo desiderano da mesi.

Abituata alla vita universitaria, ai lavori part-time rigorosamente in nero, alla tele, a internet, alle pappe pronte è difficile accettare l’idea che non c’è più tempo per certe stronzate. Quelle stronzate che facevano la differenza tra il relax e il crollo nervoso. Non riesco nemmeno ad avere tempo per finire un post tutto in una volta.

Ieri ne ho iniziato uno sul quanto ero incazzata: mi trovavo a Kottbusser Tor e stavo andando al lavoro. Non l’ho finito. Oggi ho provato a riprenderlo ma il mood non c’era più. Cestinato.

Ora sto finendo questo a una fermata da casa mentre torno dal lavoro: l’ ho incominciato stamattina alle 11, sono le 19.

È difficile accettare l’assenza di tempo.

È difficile accettare che quando andrai a dormire non leggerai più quelle 20 pagine dell’ennesimo libro come hai sempre fatto per anni e anni. Sei troppo stanca per farlo.

È difficile accettare che da quanto stanca sei non sogni più.

Ho vissuto avvolta nella bambagia dorata per anni, in una bambagia sudata dai miei, che nonostante i pochi soldi, non mi hanno mai fatto mancare niente.

Per anni quando mi sentivo dire viziata mi sono incazzata. Dopo ho smesso e ho iniziato a goderne pensando “è vero! Ma quanto vi piacerebbe eh?!”.

Ho vissuto così tanto nel mondo dei mini pony che immergersi in quello reale è stato come attaccarsi a un defibrillatore. Viva.

Sia chiaro: ho sempre studiato e lavorato, faccio la barista da 10 anni, forse 11, non ricordo. Però sempre coccolata tra le braccia della mamma che ora è a 1000 km di distanza, e mi manca. Cazzo quanto mi manca!

La vita reale fa spavento, è caotica, rapida, impietosa, menefreghista.

Pensando a tutto ciò scendo alla fermata di Paradestrasse per andare a casa e sulla banchina opposta trovo Il Cuore. Aspetta la U-bahn per andare al lavoro.

In due secondi torno nel mondo dei Mini Pony e degli arcobaleni.

Un sorrisone vero che tra baci e assenza di fiato dice “Cri, era destino”. Un sorrisone vero che vive ancora nelle favole. Per fortuna.

La vita reale allora fa paura? Toglie la “vita”?

Sì, sicuramente ma per fortuna ci sono degli avvenimenti che esulano dalla sua capacità di controllo, che ridanno una spinta al sorriso.

Ora seduta nel divano di casa tra cibo take away, telefilm, tabacco e acqua spolvero la copertina di una libro a caso preso dal mucchio.

Me ne frego dell’ora, tolgo tempo al sonno tanto ho smesso di contare gli arretrati ormai.

Apro la copertina, giro la prima pagina e mi preparo a divorare parole e storie nella mia lingua madre.

So che crollerò tra due minuti ma saranno due minuti che ho fregato alla vita.

Tutti per me.

Due minuti nel mondo dei Mini Pony prima di crollare e ricominciare.